martedì 27 dicembre 2011

Il marchio del diavolo - di Glenn Cooper


La mitica stirpe dei lemuri, gli uomini con la coda e la profezia dei papi di Malachia che annuncia la fine della Chiesa cattolica sono le due leggende di cui Glenn Cooper si serve per scrivere “Il marchio del diavolo”, avvincente romanzo thriller che ho letto in anteprima grazie alla cortesia della casa editrice Nord.

L’autore americano, un raro caso di self made man, è al suo quarto libro dopo "La biblioteca dei morti", "Il libro delle anime" e "La mappa del destino". Nel “Marchio del diavolo” Cooper imbastisce subito la trama passando con agilità dalla Roma del medioevo a quella dei giorni nostri.
L'operazione delinea una "fabula" complessa, con almeno tre tracce narrative su piani spazio-temporali diversi che procedono in modo convergente senza creare un pesante effetto di accumulo. Il risultato è che una volta aperto il libro, è impossibile chiuderlo almeno fino a pagina 46 e in breve il lettore viene messo di fronte al dilemma: una congiura mondiale ai danni della Chiesa da parte di alcuni strani esseri nemici dell’uomo.

Così come di primo acchito Cooper affastella a gran velocità contesti e problemi diversi, poi procede alternando con passo più disteso altre vicende intorno a quella di Elisabetta. Addirittura, la suora protagonista del libro finisce per essere il personaggio più prevedibile e più “canonico”, il classico protagonista buono che tutti ci aspettiamo che vinca. Al lettore resta solo da vedere come, lasciandosi trasportare dal ritmo in battere e in levare, alla chiusura e all'inizio di ogni capitolo, in grado di creare il giusto clima del giallo e della suspance.

L'indagine si estende anche alle storie di gran lunga più avvincenti e curiose dello scrittore Christopher Marlowe, l'autore del "Faust" e dell'imperatore Nerone, immaginati lemuri e volendo anche del misterioso "K". L'autore riscrive a modo suo la Storia, trasformando i personaggi storici in creature mostruose, spiegando fatti realmente accaduti attraverso la leggenda romana dei lemuri che, una volta contestualizzata e giustificata in un passato antico, diventa quasi verosimile, tale da insinuare il dubbio.

Tanto che mi è addirittura capitato di sognare cuccioli di lemuri, uomini con la coda. Basta sfogliare internet e trovare casi realmente esistiti di tali anomalie fisiche. Stesso discorso per la profezia di Malachia, che nel 1139 profetizzò la fine della Chiesa. Prima sarebbero dovuti passare 112 papi e Malachia li descrive tutti con una breve frase in latino. Pare che di molti, anche quelli del Novecento, abbia indovinato anche alcune caratteristiche araldiche, pastorali, dottrinarie e biografiche, tanto da rendere impossibile non chiedersi "e se fosse tutto vero?". Ora siamo, in teoria, al terz'ultimo papa, ma c'è chi dice che la profezia sia un falso del Cinquecento.


Glenn Cooper (foto Louis Bachrach)
Ad ogni modo, lo stesso autore è un caso singolare. Glenn Cooper si è laureato in Architettura ad Harvard, ha preso un dottorato in Medicina ed è stato amministratore delegato della più importante industria di biotecnologie del Massachussets. Poi, è diventato sceneggiatore, produttore cinematografico e infine scrittore, con tre best seller all'attivo. Qualcosa di soprannaturale.
Insomma, se volete fare un regalo di Natale, con “Il marchio del diavolo” non regalerete solo un libro, ma un vero thriller che entrerà nella vita di chi lo legge.


mercoledì 14 dicembre 2011

Il santone che fa bene i suoi conti


"L'energia dell’universo muove tutto", o quasi. Sì, perché per comunicare con lo spirito dello sciamano peruviano Hernàn Huarache Mamani bisogna dimenticarsi di ricevere un biglietto da visita o un cortese invito a bere una tazza di thé in una stanza profumata d’incenso, ascoltando musica andina new age. “Vuoi il mio numero di telefono per un’intervista – mi chiede l’anziano curandero -? Clicca sul sito www.hhmamani.com e spiega con precisione ad Antonella le domande che vuoi farmi. Lei ti metterà in contatto con me”.

Insomma, l’uomo che gira l’Italia predicando la riscoperta di un contatto più diretto e autentico fra le persone nel culto della Pachamama, la Madre terra degli indios, lo spirito che pervade e ricondurrà all’unità tutto il creato, usa metodi di relazione personale che neanche un manager di una multinazionale del tabacco.

Saggezza campesina più tecniche del marketing editoriale, Mamani è stato economista per il ministero dell’Agricoltura peruviano e ha 68 anni. E’ diventato sciamano dopo una malattia e dal 1985 scrive libri come “La profezia della curandera” o “La donna della luce”. Con il ricavato desidera aprire scuole nel mondo per accogliere l’avvento del “nuovo millennio d’oro” che attende l’umanità.

Alcuni giorni fa ha intrattenuto 250 fan nella sala conferenze dell’hotel Leonardo da Vinci in via Senigallia a Milano. Questi i trascendentali temi trattati dal saggio: “L’uomo vive nella sfera del sesso. La donna in quella dell’amore”; “Bisogna conoscere se stessi per vivere in coppia”; “Uomo e donna usano e vedono il corpo in modo diverso”.

L’incontro era rivolto alle coppie in crisi schiacciate dai ritmi metropolitani. Fra loro infermiere, agenti per il lavoro interinale, consulenti psicologici, giornalisti, assicuratori. Donne, soprattutto. Per assistere a una lezione di vita serena in famiglia qualcuna ha litigato con il marito e altre coppie hanno parcheggiato i figli dai nonni.

All’uscita, fuori dal salone è un florilegio di mezze verità e luoghi comuni, di insoddisfazioni irrisolte: “In città ho perso l’umanità di una società semplice, come dice Mamani – spiega una signora -. Mio padre contadino era più felice di me”. Un’altra aggiunge: “Mamani racconta più verità di quante non ne dica la Chiesa sull’uomo, impegnata com’è a controllare la nostra società”. “E’ tutto vero: nelle nostre città manca un contatto autentico fra le persone”, chiosa un giovane. La maggioranza però è delusa: i libri promettevano “una maggiore profondità spirituale del personaggio”, spiega una donna.

C’è qualche disoccupato nel salone ma il guru, tra conferenze e centinaia di migliaia di libri venduti, vive la crisi con un’invidiabile ed esoterica serenità: “Anche chi è sotto stress per lavoro può riscoprire una vita più autentica nel segno della Pachamama: volere è potere – proclama l’ex economista -. La gente fatica ad arrivare a fine mese per la crisi? Non direi così. E’ l’universo che muove l’energia e alla fine tutto si risolve”. Sarà. Prima però, passa dalla segretaria.

venerdì 18 novembre 2011

Meloni, Telese e i giovani medici


Giorgia Meloni e Luca Telese affrontano la questione giovanile in due libri editi da Sperling & Kupfer. L’ex ministro della Gioventù lo fa con “Noi crediamo”, il giornalista di La7 con “Gioventù, amore e rabbia”.

Rassicurante Meloni, che racconta i tanti esempi di “ragazzi e ragazze che hanno sfidato se stessi, la terra d’origine, il mondo e le idee preconcette, gli ostacoli. E hanno vinto”. L’ex ministro della Gioventù scopre in giro per l’Italia “una “foresta di talenti, idee e sacrifici, che cresce all’ombra di una nazione” colpevole perché “non vede non sa, non vuole capire”.

Provocatorio Telese, che  parla di “conflitto occulto in Italia, dove la generazione degli ex baby boomers ha schiavizzato quella dei figli, l’ha divorata, colonizzata, gli ha prospettato un futuro di precarietà, barattandolo con la sinecura della paghetta a vita”. Insomma, il giornalista vede “un Paese che se ne frega dei più giovani”.

In libreria da mercoledì 16, questi due libri impongono alcune domande: quanto dipende la crisi dei giovani dai giovani stessi? È giusto addossare tutta la colpa alla generazione precedente? È vero che i giovani possono fare tutto solo con le proprie forze? Dovrebbero accettare qualunque lavoro?

Chissà cosa direbbe quel medico trentenne che pochi giorni fa mi ha raccontato di tanti giovani medici laureati, neo specializzati, pagati cinque euro a visita o sette euro all’ora. Professionisti, con la responsabilità della nostra salute. “Meno della mia donna delle pulizie, con tutto il rispetto per le domestiche”, ha pensato ad alta voce un suo autorevole collega anziano, mortificato. 

sabato 12 novembre 2011

Il potere dell'amicizia

Cosa c’è di più convincente del passaparola per iniziare a leggere un libro? Niente, a parte forse qualche recensione non troppo lunga e comprensibile con una lettura disimpegnata.
Nel vedere esibite conoscenze letterarie si avverte sempre un pizzico di vanità: “Esistono due motivi per leggere un libro: uno, perché vi piace e l’altro, che potrete vantarvi di averlo letto”, diceva Bertrand Russell.
E' lo stesso parlando di dischi musicali, film, viaggi. Delle serie tv, dei ristoranti, dell’abbigliamento.

Il fenomeno è nella cultura che, come tutte le astrazioni dell’uomo quando è libero dal bisogno, possiede nella sua essenza qualcosa di vano che nell’arte raggiunge la sua forma più pura.
La cultura è “un gioco”. Ma le sue regole sono uno strumento di dominazione.
In ogni campo.

Con i nostri consumi culturali ci agitiamo nell’arena sociale e più o meno inconsapevolmente non facciamo altro che affermare il nostro modo di essere distinguendoci e distinguendo gli altri in un continuo riflesso di specchi.

Cosa c’è di più personale sui libri di un blog sui libri? Niente, a parte forse quei pochi libri sfogliati nella mia libreria, per cui ce ne sono almeno altri cento che avrei voluto leggere.
È proprio il piacere ludico della letteratura che spinge le persone a parlarne e a diffonderne la conoscenza. È proprio il piacere per l’arte, la forma letteraria, il piacere onirico che a volte ci regalano i libri, da amare anche come oggetto. La copertina, i caratteri, la carta.

È attraverso il passaparola, quello più disinteressato, quello più sincero e appassionato, che spesso mi sono ritrovato a dire: chi l’avrebbe mai letto?

martedì 1 novembre 2011

I tormenti di Winston - 1984


Sei anni dopo averlo letto, ho trovato una pagina capace di rendere l'idea e il senso di "1984". Non si tratta di una scena drammatica, né degli slogan come “La libertà è schiavitù “, “La guerra è pace” e “L’ignoranza è forza”, coniati in neolingua dal ministero della Verità per capovolgere la realtà.
Nel passo che ho scelto il narratore si fa partecipe dei dubbi di Winston Smith. Insieme al narratore anche noi, come il Grande Fratello, entriamo nei pensieri del protagonista che sta scrivendo il suo diario, commettendo per questo uno psico-reato:
Prese il libro di storia per bambini e guardò il ritratto del Grande Fratello che campeggiava sul frontespizio. I suoi occhi lo fissarono, ipnotici. Era come se una qualche forza immensa vi schiacciasse, qualcosa che vi penetrava nel cranio e vi martellava il cervello, inculcandovi la paura di avere opinioni personali e quasi persuadendovi a negare l'evidenza di quanto vi trasmettevano i sensi.
Un bel giorno il Partito avrebbe proclamato che due più due fa cinque, e voi avreste dovuto crederci. Era inevitabile, era nelle logiche del Partito. La visione del mondo che lo informava negava, tacitamente, non solo la validità dell'esperienza, ma l'esistenza stessa della realtà esterna. Il senso comune costituiva l'eresia delle eresie.
Ma la cosa terribile non era tanto il fatto che vi avrebbero uccisi se l'aveste pensata diversamente, ma che potevano aver ragione loro. In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile?
Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?
[...] Il Partito vi diceva che non dovevate credere né ai vostri occhi né alle vostre orecchie. Era questa, l'ingiunzione essenziale e definitiva. Winston si sentì assalire dallo sconforto al pensiero dell'enorme potere dispiegato contro lui...
[...] Eppure era lui a essere nel giusto! Lui aveva ragione e loro avevano torto. Bisognava difendere tutto ciò che era ovvio, sciocco e vero. I truismi sono veri, era una cosa da tenere per fermo! Il mondo reale esiste e le sue leggi sono immutabili.
Le pietre sono dure,l'acqua è bagnata e gli oggetti lasciati senza sostegno cadono verso il centro della Terra. Con l'impressione di rivolgersi a O'Brien e con la convinzione di formulare un importante assioma, scrisse:
"Libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro. Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente".

lunedì 31 ottobre 2011

Il film e lo spot di 1984

Un suggestivo film è stato dedicato al capolavoro di George Orwell, il cui vero nome era Eric Arthur Blair (1903 - 1950). "1984" infatti è anche il titolo di un film del 1984 di Michael Radford, con John Hurt e Suzanna Hamilton.
Suggerisco di vederlo, ma solo dopo aver letto il libro.
Quanto la lettura può essere scorrevole e intensa, altrettanto il film potrebbe sembrare noioso, retrò e castigato. Questi aspetti rischiano di essere fraintesi senza una lettura preliminare, poiché valorizzano il grigiore e l'austerità del contesto del racconto.


Quindi, se volete vedere il film, vi consiglio questo link:




In aggiunta, una chicca che vale la pena ricordare. Uno spot della Apple ispirato al romanzo e mandato in onda proprio nel 1984, agli albori dell'epoca dei personal computer, per pubblicizzare il MacIntosh. La clip vinse diversi premi e viene ancora oggi ricordata come una delle migliori reclame mai realizzata in televisione:




Queste immagini sono state ideate e girate da niente popodimeno che Ridley Scott e insieme a quelle di Radford (autore nel 1994 de "Il postino"), traducono in immagini il senso di oppressione dominio e annullamento, sublimato in una frase pronunciata da O'Brien a Winston Smith:


Se vuoi un'immagine del futuro, pensa a uno stivale che calpesti un volto umano in eterno.

mercoledì 26 ottobre 2011

1984 - di George Orwell



Se esistono libri profetici, il capolavoro di Orwell è uno di questi. 1984 è un paradigma visionario della società moderna e, nell'Era della comunicazione in cui tutto è diventato “social”, è un degno classico della letteratura mondiale.



Il “social” di Orwell è l'ideologia del Soc.Ing., il Socialismo Inglese dotato di forme di oppressione e controllo simili a una Stasi o a un Kgb, con la differenza che il Grande Fratello possiede anche i pensieri dei suoi cittadini.

Il protagonista Winston Smith viene scoperto come "psico-criminale", proprio perché pensa con la propria testa, estrema forma di libertà che gli è rimasta.



Riuscirà il Grande Fratello, amato da tutti i sudditi, a con-vincere l’irriducibile logos individuale, il cogito "dell'ultimo uomo rimasto in Europa" che si ostina a dubitare del pensiero formulato dal partito-massa per la nazione?


Lesito del romanzo dimostra che la paura è l'unica arma che qualunque oppressore, dal più brutale al più raffinato, può agitare con il volto del benevolo protettore per soggiogare i “fratelli più piccoli”, arrivando persino a farsi amare da coloro che in realtà annichilisce anima e corpo.


Che nella finzione del libro i nemici della libertà di pensiero siano lo Stato, il terrore e l'ideologia e nella realtà di oggi siano le subdole forme di controllo del marketing, la coazione a consumare, la cultura dominante dello show-business, l'erodersi progressivo nonché volontario di qualsiasi sfera di privacy e lo strapotere dellinterconnessione che trasforma le persone in account e la loro vita non più nemmeno in uno spettacolo da reality ma semplicemente in un file digitale accessibile con un clic, poco cambia.

Sulla scorta di questa idea hanno già proseguito altri artisti, come i fratelli Wachowski in Matrix o Peter Weir in The Truman Show.
Quello che resta in mezzo, alla fine, in un caso come nell'altro, è sempre un uomo-massa agito inesorabilmente da istanze altre e superiori.


Edizione scelta: Classici moderni, Oscar Mondadori, 6,90 €.
Lettura adatta a tutti.

venerdì 21 ottobre 2011

La vendetta del Conte di Montecristo

Il Conte di Montecristo esprime il tema della vendetta.
La giustizia degli ultimi al mondo e dei diseredati era il tema più ricorrente nei feuilleton, i romanzi didascalico-moralistici e di facile lettura preferiti fra i ceti popolari.
Ecco cosa dice Montecristo quando incontra l'ultimo e il peggiore dei suoi nemici, il corrotto banchiere Danglars, secondo me una delle frasi più belle perché racchiude in sé tutto il romanzo:
Sono quello che avete venduto, denunciato, disonorato; sono quello di cui avete prostituito la fidanzata; sono quello che avete calpestato per formare la vostra fortuna; sono quello al quale avete fatto morire il padre di fame... Avevo condannato a morire di fame anche voi, ma ora vi perdono perché io pure ho bisogno di perdono... Sono Edmond Dantès! 

giovedì 20 ottobre 2011

Il Conte di Montecristo - di Alexandre Dumàs

"Il Conte di Montecristo" è una bellissima storia d’Ottocento, 893 pagine di feuilleton allo stato puro.
Intrighi, suspance, agnizioni e climax.
Incantevoli dichiarazioni d’amore, terribili pronunce di morte; frivoli dialoghi e raffinate descrizioni.
Un ritmo prima incalzante, poi lento e denso come olio che cola da una giara.
Pagine che volano con uno sguardo e altre da assaporare e rileggere con piacere.
Un veliero entra nel porto di Marsiglia per aprire il racconto, uno yacht lo chiude portando via lontano da noi il protagonista: il mitico, fantasmagorico e soprannaturale Edmond Dantés.

Questo e molto altro ancora è il capolavoro di Alexandre Dumàs.
Compòsito all’inizio, come un intricato e approfondito esercizio per lettori allenati, questo grande racconto ricompensa a pieno la pazienza di chi lo affronta solo negli ultimi capitoli, quando vengono al pettine tutti i nodi dell’intreccio tessuto nella parte centrale.
I dolci frutti della fatica di Dumàs e della vendetta di Dantés si assaporano dalla metà in poi. La narrazione accelera, tutto si tiene, nessun dettaglio va perduto.
Un capolavoro di quel genere che non se ne vedono in giro da secoli e che testimonia la chiarezza dell’ampia mente che l’ha prodotto.


La narrazione per noi lettori moderni è indigesta a tratti. Un colpo di scena ogni dieci pagine è troppo, quasi pacchiano. E' il problema di adattare una modalità di lettura tipica di un romanzo a puntate con quella di un volume unico.
Il patto di narrazione concede volentieri a Montecristo, alias "mano della Provvidenza", stramberie e meraviglie ottocentesche dal germe superomistico.

Esistono varie edizioni del Conte di Montecristo. I diritti d’autore sono scaduti e un po’ tutti lo pubblicano.
Esiste anche in duplice volume, ma io ho scelto quello edito nella nuova collana “Elefanti” di Newton e Compton.
Bella la copertina rigida imbottita, simpatica la caricatura di Dumàs su sfondo blu e soprattutto, caratteri abbastanza grandi da non affaticarsi nella lunga lettura.
Prezzo ragionevole: 14,90 €.
Per gente paziente.